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Dal 18 novembre entra in vigore il nuovo codice di prevenzione incendi

Agosto 27, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del 3 agosto 2015 contenente il nuovo Codice di prevenzione incendi: entrerà in vigore il 18 novembre. I principi ispiratori, gli articoli, il campo di applicazione e la struttura delle norme tecniche.

 

Dopo più di un anno di continue modifiche, di incontri con i rappresentanti delle categorie produttive e professionali, di  confronti con l’Unione Europea, di presentazioni di bozze intermedie, di sottolineatura dei  principi guida del provvedimento, è finalmente arrivato al traguardo il cosiddetto nuovo “Codice di prevenzione Incendi”.
Dopo le diverse anticipazioni di questa sorta di Testo Unico, il 20 agosto è stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”. Codice di prevenzione che entrerà in vigore ‘il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana’, cioè il 18 novembre 2015 (nel decreto notificato all’Unione Europea a fine 2014 era invece indicato non il novantesimo, ma il centottantesimo giorno).
Il nuovo Testo Unico nasce dalla necessità di semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli incendi ‘attraverso l’introduzione di un unico testo organico e sistematico di disposizioni di prevenzione incendi applicabili ad attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e mediante l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico più aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali’, approccio metodologico su cui il nostro giornale si è soffermato più volte in questi mesi.
E se, come ribadito ai nostri microfoni anche dal Comandante dei Vigili del Fuoco di Milano, l’Ing. Silvano Barberi, al di là delle varie modifiche che hanno contrassegnato le varie bozze, è rimasta salda l’impostazione generale di partenza, possiamo riprendere i principi sui cui le Norme tecniche si basano, come dichiarati nella presentazione ufficiale di una bozza del Codicenell’aprile del 2014:
– generalità: “le medesime metodologie di progettazione della sicurezza antincendio descritte possono essere applicate a tutte le attività;
– semplicità: laddove esistano diverse possibilità per raggiungere il medesimo risultato si prediligono soluzioni più semplici, realizzabili, comprensibili, per le quali è più facile operare la revisione;
– modularità: l’intera materia è strutturata in moduli di agevole accessibilità, che guidano il progettista antincendio alla individuazione di soluzioni progettuali appropriate per la specifica attività;
– flessibilità: per ogni livello di prestazione di sicurezza antincendio richiesto all’attività sono indicate diverse soluzioni progettuali prescrittive o prestazionali. Sono, inoltre, definiti metodi riconosciuti che valorizzano l’ingegneria antincendio, che consentono al progettista antincendio di individuare, autonomamente, specifiche soluzioni progettuali alternative e dimostrarne la validità, nel rispetto degli obiettivi di sicurezza antincendio;
– standardizzazione ed integrazione: il linguaggio in materia di prevenzione incendi è conforme agli standard internazionali e sono unificate le diverse disposizioni previste nei documenti esistenti della prevenzione incendi in ambito nazionale;
– inclusione: le persone che frequentano le attività sono considerate un fattore sensibile nella progettazione della sicurezza antincendio, in relazione anche alle diverse abilità (es. motorie, sensoriali, cognitive, ecc.), temporanee o permanenti;
– contenuti basati sull’evidenza: il presente documento è basato su ricerca, valutazione ed uso sistematico dei risultati della ricerca scientifica nazionale ed internazionale nel campo della sicurezza antincendio;
– aggiornabilità: il documento è redatto in modo da poter essere facilmente aggiornato al continuo avanzamento tecnologico e delle conoscenze”.
Torniamo tuttavia al testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale che è costituito da cinque articoli edun allegato.
Il primo articolo (Approvazione e modalità applicative delle norme tecniche di prevenzione incendi) indica che le norme tecniche di prevenzione incendi approvate ‘si possono applicare alle attività di cui all’articolo 2 in alternativa alle specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui ai decreti del Ministro dell’interno di seguito indicati, ovvero ai vigenti criteri tecnici di prevenzione incendi di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139’:
– decreto del 30 novembre 1983 «Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi e successive modificazioni»;
– decreto del 31 marzo 2003 «Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le condotte di distribuzione e ripresa dell’aria degli impianti di condizionamento e ventilazione»;
– decreto del 3 novembre 2004 «Disposizioni relative all’installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso di incendio»;
– decreto del 15 marzo 2005 «Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo»;
– decreto del 15 settembre 2005 «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi»;
– decreto del 16 febbraio 2007, recante «Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione»;
– decreto del 9 marzo 2007 «Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
– decreto del 20 dicembre 2012 «Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi».
Veniamo all’articolo 2 e al campo di applicazione.
Il comma 1 indica che le norme tecniche citate all’articolo 1 ‘si possono applicare alla progettazione, alla realizzazione e all’esercizio delle attività di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, individuate con i numeri: 9; 14; da 27 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64; 70; 75, limitatamente ai depositi di mezzi rotabili e ai locali adibiti al ricovero di natanti e aeromobili; 76’.
E tali norme tecniche si possono applicare ‘alle attività di cui al comma 1 di nuova realizzazione ovvero a quelle esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di interventi di ristrutturazione parziale ovvero di ampliamento ad attività esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le medesime norme tecniche si possono applicare a condizione che le misure di sicurezza antincendio esistenti nella restante parte di attività, non interessata dall’intervento, siano compatibili con gli interventi di ristrutturazione parziale o di ampliamento da realizzare’. Inoltre per gli interventi di ristrutturazione parziale ovvero di ampliamento su parti di attività esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto non rientranti nei casi di cui al comma 2, le norme tecniche di cui all’articolo 1 si applicano all’intera attività.
Senza dimenticare che comunque le norme tecniche possono essere di riferimento anche per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività indicate al comma 1 che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151.
L’articolo 3 si sofferma invece sull’impiego dei prodotti per uso antincendio.
In particolare i prodotti per uso antincendio, impiegati nel campo di applicazione del decreto, devono essere:
a) identificati univocamente sotto la responsabilità del produttore, secondo le procedure applicabili;
b) qualificati in relazione alle prestazioni richieste e all’uso previsto;
c) accettati dal responsabile dell’attività, ovvero dal responsabile dell’esecuzione dei lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di identificazione e qualificazione.
E l’impiego dei prodotti per uso antincendio è consentito se gli stessi sono utilizzati conformemente all’uso previsto, sono rispondenti alle prestazioni richieste dal presente decreto e se:
a) sono conformi alle disposizioni comunitarie applicabili;
b) sono conformi, qualora non ricadenti nel campo di applicazione di disposizioni comunitarie, alle apposite disposizioni nazionali applicabili, già sottoposte con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE e successive modifiche, che prevedono apposita omologazione per la commercializzazione sul territorio italiano e a tal fine il mutuo riconoscimento;
c) qualora non contemplati nelle lettere a) e b) , sono legittimamente commercializzati in uno degli Stati della Unione europea o in Turchia in virtù di specifici accordi internazionali stipulati con l’Unione europea, ovvero legalmente fabbricati in uno degli Stati firmatari dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell’accordo sullo spazio economico europeo (SEE), per l’impiego nelle stesse condizioni che permettono di garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza dall’incendio, equivalente a quello previsto nelle norme tecniche allegate al presente decreto.
Dopo l’articolo 4, relativo al monitoraggio, le disposizioni finali, contenute nell’articolo 5, ricordano che ai fini dell’applicazione delle norme tecniche di cui all’articolo 1, restano valide:
a) le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012 relativamente alla documentazione tecnica da allegare alle istanze di cui decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151. La medesima documentazione tecnica deve includere le informazioni indicate nelle norme tecniche di cui al presente decreto;
b) le disposizioni di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012 e quelle degli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 6, comma 4, del decreto del Ministro dell’interno 9 maggio 2007, relative alla determinazione degli importi dei corrispettivi dovuti per i servizi resi dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco.
E si indica che per le attività di cui all’articolo 2 in possesso del certificato di prevenzione incendi ovvero in regola con gli obblighi previsti agli articoli 3, 4 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, il presente decreto non comporta adempimenti.
Concludiamo riportando la struttura dell’allegato, relativo alle ‘Norme tecniche di prevenzione incendi’, segnalando che è leggermente variata rispetto a quella presentata nell’aprile del 2014 (ad esempio per il momento nelle regole tecniche verticali sono scomparsi alcuni capitoli relativi a: edifici di civile abitazione, edilizia scolastica, attività ricettive turistico-alberghiere, strutture sanitarie, edifici adibiti ad uffici, attività commerciali, …).
Questa è dunque la struttura definitiva:
Sezione G – Generalità (contiene i principi fondamentali per la progettazione della sicurezza antincendio, applicabili indistintamente alle diverse attività):
    G.1 Termini, definizioni e simboli grafici
    G.2 Progettazione per la sicurezza antincendio
    G.3 Determinazione dei profili di rischio delle attività
Sezione S – Strategia antincendio (contiene le misure antincendio di prevenzione, protezione e gestionali applicabili alle diverse attività, per comporre la strategia antincendio al fine di ridurre il rischio di incendio):
    S.1 Reazione al fuoco
    S.2 Resistenza al fuoco
    S.3 Compartimentazione
    S.4 Esodo
    S.5 Gestione della sicurezza antincendio
    S.6 Controllo dell’incendio
    S.7 Rivelazione ed allarme
    S.8 Controllo di fumi e calore
    S.9 Operatività antincendio
Sezione V – Regole tecniche verticali (contiene le regole tecniche di prevenzione incendi, applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, che saranno implementate nel tempo):
    V.1 Aree a rischio specifico
    V.2 Aree a rischio per atmosfere esplosive
    V.3 Vani degli ascensori
Sezione M – Metodi (descrizione delle metodologie progettuali):
    M.1 Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio
    M.2 Scenari di incendio per la progettazione prestazionale
    M.3 Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale.
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[Tratto da: Punto Sicuro ]

Expo 2015: la sicurezza delle macchine nella manipolazione degli alimenti

Agosto 27, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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Un quaderno tecnico elaborato per Expo 2015 si sofferma sulla sicurezza delle macchine nella manipolazione degli alimenti. Focus su affettatrice, tritacarne e mescolatrice planetaria. La normativa, i pericoli e le misure di sicurezza.

 

In considerazione dell’importanza dell’alimentazione, sia come tema dell’Esposizione Universale 2015 di Milano, che come elemento necessario per soddisfare le necessità dei milioni di visitatori attesi, tra i  materiali informativi prodotti per Expo dal Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’ Azienda Sanitaria Locale di Milano non poteva mancare il quaderno tecnico “La sicurezza delle macchine nella manipolazione degli alimenti”.
Il documento, realizzato da N. Delussu e T. Mandelli, prende in considerazione diverse attrezzature alimentari spiegandone l’utilizzo, il funzionamento, fornendo indicazioni normative di riferimento, per l’uso e la manutenzione, e evidenziando i rischi e le misure di sicurezza.
In particolare per ogni macchina analizzata nel documento, è stata preparata una scheda tecnica nella quale, per facilitare la comprensione dei contenuti, sono state inserite alcune immagini esplicative che identificano i vari elementi costruttivi e le zone di pericolo più evidenti. Si ha dunque una panoramica generale della sicurezza delle macchine “che include riferimenti specifici dei rischi ai quali vanno incontro gli operatori del settore alimentare, quando utilizzano questo genere di attrezzature”. E il contenuto dell’opuscolo “integra l’informazione e la formazione dei lavoratori e dei preposti tentando così di ridurre il fenomeno infortunistico”.
Le macchine prese in esame sono diverse: affettatrice, tritacarne, mescolatrice planetaria, frullatori sbattitori portatili, tagliaverdura, impastatrice, pelaverdura, frullatore e lavastoviglie.
E il documento si sofferma anche sulla igiene delle attrezzature.
Ci soffermiamo oggi particolare sulla macchina affettatrice, una macchina che consiste “di una base, una lama, un coprilama, un anello paralama, un affilatoio, un piano spessimetro, un piatto porta merce, un carrello a movimento alternato, un pressa-merce e componenti elettrici di comando”. Sono macchine “utilizzate nei negozi, nei ristoranti, nei supermercati e nelle mense, quelle industriali sono invece usate nelle industrie per la lavorazione della carne e nei salumifici”. E si distinguono in due tipologie, l’affettatrice verticale (il prodotto viene spinto orizzontalmente verso la lama) e l’affettatrice a gravità (il prodotto da tagliare si muove verso la lama per gravità).
Dopo aver ricordato che è la norma EN 1974:2009 a specificare i requisiti di sicurezza e di igiene  – per la progettazione e la costruzione di macchine affettatrici, trasportabili, con lama tagliente circolare, azionate da motore e con carrello a movimento alternato – sono riportati nel documento i pericoli principali e, di seguito, le possibili misure di sicurezza:
– “contatto con la lama che può provocare tagli o recisioni: piatto spessimetro/piastra paralama; anello paralama; piatto porta merce; dispositivo di affilatura;
– imprigionamento tra piano di appoggio e lama: piastra di protezione. La protezione non deve coprire la zona di taglio della lama e deve essere regolabile;
– intrappolamento e perforazione causata dagli arpioni della pinza: protezioni per ridurre i rischi associati agli arpioni del meccanismo di trasporto;
– imprigionamento della mano nel meccanismo per deporre le fette (dispositivo automatico di manipolazione): protezione interbloccata adeguata per la trappola, formata tra l’impilatore che toglie il prodotto affettato dagli arpioni sul meccanismo di trasporto e il telaio del meccanismo di trasporto;
– imprigionamento tra cinghia nel trasportatore e rulli terminali o di tensione: protezione che impedisca che un dito possa rimanere intrappolato tra la cinghia del trasportatore e qualsiasi puleggia finale o puleggia di pensionamento”.
In questo caso idonei dispositivi di protezione individuali possono essere: guanto antitaglio durante la pulizia della lama; guanti, occhiali e grembiule impermeabile durante la pulizia; scarpe antinfortunistiche.
Parliamo ora della macchina tritacarne, costituita “da una base, un involucro della coclea, una coclea, un piatto o una tramoggia di alimentazione, un convogliatore a vite” oppure un miscelatore a vite, “un gruppo di taglio, un dispositivo di bloccaggio, un dispositivo di carico, una trasmissione e, secondo i tipi di macchina, componenti elettrici, idraulici e pneumatici”.
Nel documento si accenna anche aibiriduttori, macchine che oltre ad avere funzione di tritacarne hanno anche quella di grattugia.
Chiaramente il tritacarne è utilizzato “per ridurre le dimensioni della carne fresca o congelata, dei prodotti a base di carne e pesce mediante una serie di utensili da taglio” (norma EN 12331:2010specifica i requisiti per la progettazione e la fabbricazione delle macchine tritacarne utilizzate in una posizione fissa).
Veniamo ai pericoli e alle correlate misure di sicurezza:
– “intrappolamento, cesoiamento o taglio dita o mano: protezione dell’accesso alla coclea attraverso il collo di alimentazione;
– intrappolamento, cesoiamento o taglio delle dita, della mano o dell’avambraccio: l’accesso alle zone di pericolo del convogliatore a vite nella tramoggia di alimentazione deve essere impedito o reso sicuro; l’accesso è impedito mediante: tramogge della bocca di alimentazione di tipo chiuso; utilizzando ripari (copertura); utilizzando ripari fissi e rispettando le distanze di sicurezza;
– cesoiamento delle dita: si deve impedire o proteggere l’accesso alla zona di pericolo del coltello dietro l’ultima piastra forata dal lato dell’apertura di scarico. Questo si può ottenere mediante le seguenti misure: una piastra adeguata; l’utilizzo di un riparo (per esempio un cappuccio di protezione);
– schiacciamento delle mani e dei piedi durante l’installazione e la rimozione della coclea e della serie di coltelli: cappuccio di protezione; Interblocco alimentazione piastra terminale con azionamento coltelli; interblocco meccanico piastra forata terminale con azionamento coltelli; tutte le macchine tritacarne devono essere attrezzate con mezzi di allentamento/estrazione della coclea e del set di coltelli;
– schiacciamento, intrappolamento, cesoiamento dita o mano: deve essere impedito l’accesso alla zona di pericolo sul meccanismo di trasmissione con impiego di ripari fissi/interbloccati;
– perdite di gas o vapore di acqua diretto possono causare: pericoli di asfissia; pericoli di ustioni da caldo o freddo: le macchine tritacarne progettate per essere utilizzate a gas o vapore diretto devono essere dotate di copertura a tenuta, che può essere utilizzata anche co-me riparo. L’alimentazione dei gas deve essere dotata di valvola di ingresso interbloccata in modo tale che non sia possibile fornire gas o vapore diretto quando la copertura è aperta”.
Concludiamo questa breve presentazione con un accenno ai pericoli della cosiddetta “mescolatrice planetaria”, il cui utilizzo previsto riguarda “l’operazione di carico dei diversi ingredienti, il loro trattamento in una vasca fissa per mezzo di appositi sbattitori, lo scarico e la pulizia”.
Con riferimento anche alla norma EN 452:2009 – specifica i requisiti di sicurezza e di igiene per la progettazione e la fabbricazione delle macchine mescolatrici planetarie con vasca fissa divisi in tre categorie – vediamo in conclusione anche i pericoli e le misure di sicurezza idonee per le mescolatrici planetarie:
– intrappolamento in base al tipo di mescolatrice: “l’accesso alla vasca non deve essere impedito ma essere almeno ristretto” (Classe 1); “deve essere dotata di una protezione mobile di interblocco o di una o più barre sensibili” (Classe 2); “una mescolatrice planetaria di classe 2 priva di barra sensibile o una mescolatrice planetaria di classe 3 devono essere dotate di protezione mobile di interblocco che impedisca l’accesso al volume interno della vasca” (Classe 2 e 3);
– “intrappolamento, quando la macchina viene utilizzata con vasche di grandezze differenti: per quelle fornite con più vasche, per la vasca più grande devono essere soddisfatti i requisiti delle mescolatrici di classe 1, 2 e 3. Nella posizione di funzionamento tutte le vasche fornite con un mescolatore devono avere i bordi superiori non più di 15 mm al di sotto del riparo;
– intrappolamento: i dispositivi di arresto azionati dal riparo devono arrestare lo sbattitore (con vasca vuota) in un tempo breve (massimo 4 s). Quando si utilizza una barra sensibile i dispositivi di arresto devono bloccare lo sbattitore con la vasca vuota in un tempo massimo di 2 s;
– cesoiamento e intrappolamento: l’albero di trasmissione su cui sono montati gli accessori non deve sporgere dalla struttura della macchina e deve essere dotato di coperchio che non può essere rimosso dalla macchina;
– intrappolamento e schiacciamento: il meccanismo di guida e controllo del movimento verticale della vasca deve essere protetto utilizzando un riparo fisso”. La distanza minima tra vasca/struttura e la leva per il sollevamento/abbassamento “deve essere di 50 mm, al fine di evitare lesioni durante l’azionamento della leva”;
– esposizione ripetuta alle polveri: l’emissione di polvere di farina deve essere ridotta al minimo. In particolare per le mescolatrici di classe 3 la riduzione dell’emissione può essere ottenuta con uno dei metodi dati di seguito come esempio: utilizzo di un coperchio pieno; utilizzo di un temporizzatore; utilizzo di un dispositivo di estrazione della polvere”.
Asl Milano, Expo_la sicurezza delle macchine nella manipolazione degli alimenti (formato PDF, 2.22 MB), a cura di N. Delussu e T. Mandelli, quaderno tecnico per datori di lavoro Cantieri Expo Milano 2015 .
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[Tratto da: Punto Sicuro ]

Ministero del Lavoro, i dati sull’attività ispettiva nel primo semestre 2015

Luglio 29, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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Attività ispettiva: nel primo semestre 2015 contestati illeciti a più di 40mila aziende; riscontrate irregolarità nel 59% delle imprese ispezionate; contestato l’impiego di oltre 18.000 lavoratori “in nero”

Per il periodo estivo vigilanza potenziata nei luoghi di maggiore concentrazione turistica

La Direzione generale per l’Attività Ispettiva rende noti i risultati dell’attività di vigilanza svolta dagli ispettori del lavoro delle Strutture territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel I° semestre 2015.

L’esame dei dati evidenzia che l’azione degli ispettori del Ministero è proseguita, nel periodo in questione, coerentemente con la quantificazione degli obiettivi e con l’individuazione delle linee prioritarie di intervento definite nel Documento di programmazione della vigilanza per l’anno 2015, presentato in occasione della Commissione Centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza presieduta dal Ministro.

I risultati conseguiti nel I° semestre confermano, infatti, una costante ed incisiva azione ispettiva, che sull’intero territorio nazionale ha registrato 75.890 accessi ispettivi, cui vanno aggiunti 3.882 accertamenti in materia di Cassa Integrazione Straordinaria, di Cassa Integrazione in deroga, di Contratti di Solidarietà e di Patronati.

Con specifico riferimento all’attività di vigilanza, l’esito delle verifiche definite nel periodo in discussione ha fatto registrare la contestazione di illeciti a carico di 40.449 aziende, con un tasso di irregolarità di circa il 59% delle imprese ispezionate, con un sensibile aumento rispetto al primo semestre dell’anno precedente.

Tale ultimo dato conferma, pertanto, l’efficacia della attività di intelligence svolta dagli organi di coordinamento, mirata alla individuazione di obiettivi e settori particolarmente nevralgici nei confronti dei quali orientare la vigilanza.

Più nel dettaglio, in occasione delle verifiche ispettive è stato contestato l’impiego di 18.215 lavoratori “in nero” e sono state sospese 3.873 aziende per l’utilizzo di personale non dichiarato in misura pari o superiore al 20% di quello presente al momento dell’accesso.

Altre rilevanti violazioni riscontrate nel periodo da gennaio a giugno 2015 hanno riguardato l’accertamento di fenomeni interpositori e appalti illeciti (3.416 lavoratori) e comportato la riqualificazione di rapporti di lavoro fittizi (3.834).

Inoltre, sono state contestate numerose infrazioni in materia di orario di lavoro (4.499), con un sensibile aumento, rispetto al corrispondente semestre dell’anno 2014 e in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con 13.330 violazioni prevenzionistiche riscontrate.

Si segnala, altresì, il notevole incremento delle irregolarità, di natura penale, relative alla tutela delle lavoratrici madri e all’impiego di lavoratori extracomunitari clandestini.

Vigilanza INPS/INAIL

Per quanto concerne l’attività degli Istituti, l’INPS registra, nei primi sei mesi dell’anno, 20.718 imprese ispezionate, di cui 17.268 irregolari.

L’Istituto ha inoltre accertato la presenza di 9.481 lavoratori “in nero” ed una contribuzione non versata pari ad euro 484.323.372.

L’INAIL ha invece effettuato 10.241 ispezioni, di cui 9.019 hanno evidenziato delle irregolarità. I lavoratori “in nero” accertati sono stati 3.698 mentre i premi non versati ammontano ad euro 45.477.238.

Seppure, rispetto ad alcuni dati del 2014, l’attività degli Istituti, in particolare dell’INPS, registri in termini assoluti una leggera contrazione, rimane alto il rapporto tra accessi ispettivi e imprese irregolari, a testimonianza della efficacia dell’azione di vigilanza.

Vigilanze straordinarie

Con l’occasione si segnala che, per il periodo estivo, la Direzione generale per l’Attività Ispettiva ha predisposto un potenziamento dell’attività di vigilanza nei luoghi di maggior concentrazione turistica – tra i quali si segnalano la riviera romagnola, ligure, il Salento, il Cilento e la Costa Smeralda – al fine di garantire un adeguato livello di tutele nei confronti dei lavoratori impiegati in attività stagionali e di scongiurare possibili fenomeni di dumping.

Resta inoltre massima l’attenzione del personale ispettivo su specifici comportamenti elusivi della disciplina in materia di somministrazione transnazionale di lavoro (i cosiddetti “contratti romeni”) e di ricorso all’esonero contributivo previsto dalla L. n. 190/2014 (legge di stabilità, che prevede l’esonero triennale dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro che attivano nuove assunzioni a tempo indeterminato nel corso del 2015). Sul punto la Direzione generale per l’Attività Ispettiva aveva infatti già fornito indicazioni al personale ispettivo, rispettivamente, con circ. n. 14/2015 e lettera circolare del 17 giugno 2015.

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[Tratto da: lavoro.gov.it ]

Durc on-line

Luglio 18, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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Nelle prime due settimane oltre 193 mila richieste di certificazione,  il 67,86% ha ottenuto il rilascio immediato del Documento

Esordio positivo per il Durc on-line, la nuova procedura semplificata di rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva. Nelle prime due settimane dall’avvio dell’operatività, scattata il 1° luglio, sono state 193.924 le richieste della certificazione pervenute ai tre enti gestori della procedura (Inps, Inail e Casse Edili). Per 131.597 (pari al 67,86%) c’è stato il rilascio immediato del Durc che, è utile ricordarlo, ha validità di quattro mesi e può essere utilizzato per ogni finalità richiesta dalla legge senza bisogno di richiederne uno nuovo ogni volta. Un dato positivo, perché attesta, già nell’immediato, un’elevata percentuale di conformità ai requisiti di legge da parte delle imprese.

Per le restanti 62.327 richieste (pari al 32,14% del totale) è stata avviata un’istruttoria che nel 20% circa dei casi si conclude entro le 72 ore dalla presentazione della domanda con il rilascio di un Durc regolare. Per il restante 80%, le aziende vengono invitate a regolarizzare la propria posizione in quanto è stata verificata una situazione di mancato versamento contributivo o, comunque, di non conformità ai requisiti previsti dalla legge.

“I risultati positivi di questi primi giorni – sottolinea il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti – ci confermano la bontà della scelta di costruire la nuova procedura di rilascio del Durc, frutto di un’impegnativa attività comune di Ministero, Inps, Inail e Casse Edili per la completa informatizzazione e la creazione di collegamenti tra le diverse banche dati. Una procedura che riduce i tempi per l’ottenimento della certificazione e, di conseguenza, consente risparmi significativi, in termini di impiego di ore di lavoro, per le imprese, le pubbliche amministrazioni ed i soggetti tenuti al rilascio del Durc”.

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[Tratto da: Durc on-line ]

Rilascio accidentale di sostanze pericolose: come gestire l’emergenza

Luglio 14, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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Durante il trasporto di merci pericolose potrebbe verificarsi il rilascio accidentale di prodotti e sostanze: quali possono essere le cause? Come prevenirle? Quali procedure mettere in atto? Quali controlli fare per riconoscere eventuali anomalie?

Una situazione di emergenza che potrebbe verificarsi durante il trasporto di merci pericolose, con conseguenze per la sicurezza e salute degli addetti, è correlata al rilascio accidentale di prodotti e sostanze; rilascio dovuto, ad esempio, alla corrosione o ad anomalie del contenitore o dell’imballaggio. Dunque è necessario che gli addetti al trasporto conoscano i comportamenti adeguati da mettere in atto per la prevenzione e la gestione di questa tipologia di emergenza.

Il rilascio di merci pericolose può essere originato da diverse cause, sia interne che esterne. Ad esempio “un recipiente, un contenitore, un imballaggio possono perdere, trafilare o corrodersi, indi rilasciare il contenuto all’esterno. Spesso, la perdita può essere inizialmente limitata, e un intervento sollecito può evitare evoluzioni massicce”.
Ma non bisogna dimenticare che “la perdita di contenimento, con rilascio in ambiente esterno, può essere determinata anche da altre cause, quali: urto, incidente, collisione, caduta o inforcamento accidentale durante la movimentazione”. E una causa molto pericolosa di rilascio “può essere un incendio, il quale può esercitare effetti contemporanei e catastrofici: indebolire o bruciare i contenitori e gli imballaggi, far esplodere i contenitori chiusi per effetto dell’aumento di pressione interna; le sostanze pericolose che fuoriescono possono a loro volta alimentare l’incendio, se infiammabili, combustibili o comburenti”.
A volte anche eventi meteorologici estremi (piogge, inondazioni, …) possono “determinare la fuoriuscita di materiali pericolosi”.
La prima cosa da fare, nella gestione del rischio di rilascio, è quella di adottare tutte le possibili misure di prevenzione spesso costituite da corrette modalità di immagazzinamento e stoccaggio. In questo senso ad esempio:
– “gli inforcamenti e le cadute possono essere diminuiti mediante la formazione degli addetti e l’adozione di apposite attrezzature a pinza per i fusti;
– i rovesciamenti di bancali, invece, controllandone l’integrità, migliorando i carrelli e gli spazi e aumentando la formazione degli operatori;
– le cadute dagli scaffali, infine, migliorando le procedure di magazzinaggio, modificando in certi casi gli scaffali e, anche in questo caso, aumentando la formazione”.
Come comportarsi in caso di rilascio accidentale?
In caso di rilascio accidentale di merce pericolosa, “è necessario intervenire prontamente! Ogni ritardo o sottovalutazione possono contribuire all’aggravamento delle conseguenze”. E bisogna ricordare che se “le informazioni contenute nella scheda dati di sicurezza del prodotto rilasciato possono aiutare alla gestione in sicurezza degli eventi”, occorre tuttavia “integrare le istruzioni e le informazioni specifiche con le procedure di sicurezza e con i piani di emergenza aziendali”.
Infatti è necessario “allertare i responsabili e operare secondo la procedura di recupero o bonifica aziendale, in altre parole attivare il piano di emergenza”.
Il documento riporta poi una successione di comportamenti da attuare in caso di rilascio accidentale:
– identificare la sostanza/miscela e i pericoli: “quando si verifica il rilascio di una sostanza (o miscela) pericolosa, occorre in primo luogo identificarla e identificare i pericoli a essa associati. Un’identificazione errata può determinare interventi non corretti o controproducenti, o indurre ad azioni non necessarie. Oltre a quanto indicato sull’etichetta, sulla targa identificativa o nella segnaletica predisposta localmente, le specifiche sezioni 1 e 2 della scheda dati di sicurezza forniscono un valido aiuto. Nella sezione 9 (proprietà fisiche e chimiche), sono reperibili ulteriori informazioni sulla sostanza/miscela”;
– adottare strumenti e dispositivi di protezione adeguati: “nella sezione 8 della SDS sono indicati, con il loro riferimento, eventuali parametri specifici di controllo (valori limite di soglia o TLV, indicatori biologici di esposizione o IBE) e le informazioni in merito ai procedimenti di controllo, indicandone i riferimenti. Nel caso in cui occorra una protezione individuale, sono indicati i DPI e il tipo di equipaggiamento in grado di fornire un’adeguata protezione”. Ad esempio: protezione delle vie respiratorie (“in caso di gas, vapori o polveri pericolosi, attrezzature quali autorespiratori, maschere con filtri adatti”), protezione delle mani (“tipo di guanti da indossare durante la manipolazione del prodotto, con eventuali accorgimenti supplementari per la protezione delle mani”), protezione degli occhi (“tipo di dispositivo richiesto per la protezione degli occhi, quali occhiali, visiera o schermo facciale”), protezione della pelle: ove non si tratti delle mani (“grembiule, stivali, indumenti protettivi completi”). Sono poi “indicate altresì eventuali misure di igiene particolari e, ove necessario, il riferimento alle relative Norme tecniche”;
– utilizzare metodi e sistemi consoni per la gestione del rilascio: “nella sezione 6 della SDS, sono indicate le misure in caso di fuoriuscita accidentale. A seconda della sostanza/miscela in questione, possono essere fornite informazioni in merito alle seguenti precauzioni: precauzioni individuali (necessità di rimozione delle fonti di ignizione, predisposizione di un’adeguata ventilazione o di una protezione respiratoria, metodi di lotta contro le polveri, prevenzione del contatto con la pelle/occhi); precauzioni ambientali (tenere il prodotto lontano da scarichi, acque di superficie e sotterranee e suolo, eventuale necessità di dare l’allarme al vicinato)”;metodi di pulizia (uso di materiale assorbente, “riduzione di gas/fumi sviluppatisi mediante lavaggio con acqua o diluizione)”. È poi utile anche consultare la sezione 16 “Altre informazioni” che riporta altri dati che potrebbero essere rilevanti per la salute, la sicurezza e l’ambiente;
– smaltire correttamente:  “nella sezione 13 della SDS sono riportate le considerazioni generali qualora lo smaltimento della sostanza/miscela comporti un rischio, con una descrizione dei residui e l’informazione sulla loro manipolazione – sotto l’aspetto della sicurezza – e i metodi di smaltimento idonei, compresi quelli per i contenitori contaminati (incenerimento, riciclaggio, conferimento in discarica…). È necessario rispettare le norme sulla gestione dei rifiuti speciali – pericolosi o meno – secondo il tipo di materia. Anche i mezzi assorbenti eventualmente utilizzati, i recipienti residui, i dispositivi di protezione contaminati, devono essere smaltiti correttamente”;
– le conseguenze per l’ambiente: il documento sottolinea che le conseguenze del rilascio di una sostanza/miscela nell’ambiente “possono essere anche rilevanti; esse sono riportate nella sezione 12 della SDS “Informazioni ecologiche”, nella quale sono descritti: gli effetti, il comportamento e la trasformazione nell’ambiente, a seconda della natura del prodotto e degli usi ragionevolmente prevedibili”.
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Infortuni mortali e con feriti gravi in agricoltura, report Osservatorio Inail 2014

Luglio 13, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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ROMA – Il 56% dei casi di infortunio in agricoltura avviene con i trattori, il 49% degli eventi infortunistici con conseguenze gravi in agricoltura coinvolge il trattore, lo stesso trattore è presente nel 51% degli eventi infortunistici in agricoltura con conseguenze mortali.

Sono questi alcuni dei dati pubblicati da Inail nel Report annuale sugli infortuni mortali e con feriti gravi verificatisi in agricoltura nel 2014 nel settore agricolo e forestale, rapporto curato dall’Osservatorio Inail sugli infortuni nel settore agricolo e forestale, curato a sua volta dal dipartimento Inail Innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici.

L’osservatorio

L’Osservatorio in questione è stato istituito da Inail nell’ambito delle proprie attività di ricerca e tra le attività previste dal Piano Nazionale per la Prevenzione in Agricoltura e
Selvicoltura allo scopo di raccogliere e consegnare alla consultazione metodica, dati e informazioni in merito agli infortuni gravi o mortali in agricoltura, che riguardino sia operatori professionalmente addetti che professionalmente non addetti, sia lavoratori assicurati Inail che non assicurati.

Si tratta di un’entità che raccoglie quindi dati di differente provenienza, affiancato in questo anche dal gruppo Agricoltura del Coordinamento tecnico delle Regioni, e che a seconda della tipologia di infortunio, segue le modalità di analisi previste da Infor.Mo, quindi le segnalazioni delle Ausl (Regioni), comunicazioni dell’autorità giudiziaria, quotidiani e agenzie stampa.

I dati

Il rapporto 2014 è strutturato i due parti essenziali: i dati generali sugli infortuni nel settore; dati sulle attrezzature che causano infortuni la cui frequenza è maggiormente rilevante: trattori e motocoltivatori. A loro volta gli stessi dati vengono scorporati e aggregati per: distribuzione regionale degli infortuni; agente materiale; fascia d’età; giorno della settimana;sesso; luogo di accadimento.

Questi alcuni dei numeri segnalati. Sono 427 gli infortuni in agricoltura segnalati dal rapporto per quanto riguarda il 2014. Di questi 189 mortali e 238 con esiti gravi.

Suddividendo tale dato su base regionale, emergono l’Emilia Romagna con 25 morti e 30 feriti, la Lombardia con 17 morti e 35 feriti, l’Abruzzo con 15 morti e 29 feriti, la Campania con 15 morti e 13 feriti, il Lazio con 12 morti e 8 feriti.

Incidenti mortali con il trattore

Come evidenziato in apertura il trattore rappresenta la maggiore causa di infortunio, sia mortale che grave. Le altre macchine che più di frequente sono coinvolte in incidenti sono motocoltivatori/motozappatrici (10,5%), motoseghe 9%. Significativo il dato degli infortuni causati dall’albero cardanico. Un 0,7% del totale degli infortuni, ma gli stessi in questo caso hanno avuto un esito mortale per il 66% dei casi.

Dei 189 casi di infortunio mortale, 121 sono quindi attribuiti a un trattore, 22 ad alberi e piante, 10 a motocoltivatori e motozappatrice, 4 ad attrezzature collegate al trattore, 4 a piattaforma elevabile, 3 a rotoimballatrice, 3 a trattorino rasaerba, 2 all’abero cardanico, 2 a rimorchio, 1 a scala, animali e motosega.

Per quanto riguarda gli incidenti con feriti: trattore 118, motocoltivatore e motozappatrice 35, motosega 31, alberi e piante 17, scala e rimorchio 6, attrezzature trattore 5, balla di fieno 4, piattaforma elevabile 4, mietitrebbiatrice 3, animali 1, albero cardanico 1, trattorino rasaerba 0.

Età degli infortunati: l’esito mortale ha coinvolto 71 volte persone con 66 anni e oltre, 71 50-65, 24 persone tra i 35 e i 49 anni, 14 tra i 18 e i 34 anni e 3 ragazzi minori di 17 anni. 185 gli uomini morti sui 189 casi, 4 le donne; 223 gli uomini feriti sui 238 casi, 15 le donne.

Luogo di accadimento: per quanto riguarda gli infortuni mortali, 98 casi sono avvenuti nei campi, 30 in strada; 108 i casi con esito ferita grave avvenuti i campo, 26 su strada. 30 i casi mortali con luogo non specificato, 60 i feriti su luogo non specificato.

[Tratto da: Infortuni mortali e con feriti gravi in agricoltura, report Osservatorio Inail 2014 ]

 

Informazione al Lavoratore sul significato della Sorveglianza Sanitaria

Luglio 13, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

sorveglianzasanitaria
L’art. 25, comma 1, lettera g) del D.Lvo 81/08 prevede che il Medico Competente:
“fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.”
La mancata informazione ai lavoratori comporta: arresto fino a due mesi o ammenda da 328,80 a 1.315,20 euro [Art. 58, co. 1, lett. b)]
Come effettuare quindi, in modo documentato, questa informazione ? E’ sufficiente un’informazione verbale o è necessario effettuarla in modo scritto?
Sarebbe opportuno che il lavoratore, all’atto della prima visita e alla visita periodica qualora subentrino delle modifiche alla valutazione dei rischi, ricevesse tale informazione, corredata anche dei livelli espositivi, in forma scritta.
Ovviamente anche una variazione dei livelli espositivi comporta una nuova scheda che il Lavoratore potrà conservare anche per avere una cronologia dei fattori di rischio per i quali è visitato.

La sindrome da sospensione inerte

Luglio 08, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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La sindrome da sospensione inerte o ““Harness Hamg Syndrome o Suspension Trauma” può colpire i soggetti che operano su fune, a prescindere dal loro effettivo ed antecedente stato di salute e dalla tipologia di imbracatura utilizzata (full body o torace o “la vita”).

Si può manifestare anche solo dopo pochi minuti dall’effettivo incidente, con effetti visibili quali la perdita di conoscenza dell’incidentato ed il successivo arresto respiratorio, originata dalla sospensione e immobilità del corpo del soggetto imbracato, che determina il “sequestro” del sangue agli arti inferiori con mancato ritorno al cuore per abolizione della “pompa muscolare” e possibile effetto di compressione dei cosciali. In alternativa la perdita di conoscenza può essere determinata anche da un trauma accidentale in fase di caduta e/o da un trauma occorso a seguito di caduta di materiale dall’alto sul soggetto sospeso.

Il trauma accidentale in fase di caduta deriva dal cosiddetto “effetto pendolo” il cui rischio deve essere analizzato anche in fase progettuale per le Regioni/Province Autonome ove è attualmente in vigore l’obbligo normativo di installazione di sistemi anticaduta per opere in copertura.

La caduta infatti può determinarsi con due tipologie aventi gradi di rischio ben diversi e può essere prevista/ consapevole oppure imprevista; per il primo caso il soggetto ha la possibilità seppur per un tempo infinitesimale, di rendersi conto prima dell’immediata conseguenza, riuscendo così a cercare di evitare movimenti scoordinati, diminuendo in modo consistente la possibilità di lesioni gravi. Per la caduta imprevista non vi è possibilità di reagire in via preliminare e la stessa quindi può comportare un alto rischio lesivo.

Il soggetto incidentato, comunque in assenza di traumi evidenti dovuti alla caduta a prescindere che essa possa essere stata “prevista” o “imprevista”, può manifestare sintomi di allarme quali: sudorazioni, vertigini, oppressione toracica, nausea, malessere generale, ecc. veri e propri allert che porteranno nell’arco di alcuni minuti allo stato di shock del soggetto ed alla successiva perdita di conoscenza fino all’ischemia celebrale a distanza di qualche minuto.

Lo sviluppo della sindrome in un tempo così limitato e l’esito mortale della stessa rende necessario l’immediato monitoraggio del soggetto contestualmente alla chiamata dei numeri di emergenza. Quest’ultima opzione però deve essere accompagnata da una procedura di autosoccorso predeterminata, proprio perché le tempistiche di attesa potrebbero comportare la perdita della vita del soggetto o comunque danni irrimediabili al corpo dello stesso.

Questo aspetto rende particolarmente delicati gli interventi svolti da lavoratori autonomi; in questi casi infatti è in capo al Committente l’onere della vigilanza e dell’attivazione del soccorso ed è chiaro che mentre un’impresa deve avere la capacità tecnica, formativa ed informativa del proprio personale su tali rischi e procedure da attivare per il soccorso, questo non può essere possibile con una committenza che comunemente tende ad ignorare anche l’aspetto elementare di vigilanza e attivazione dei soccorsi.

Nel download è disponibile la documentazione prodotta dall’Università degli Studi di Milano Bicocca in merito al Progetto “SOSPESI” condotto da un gruppo di 8 ricercatori presso l’Ambulatorio di Fisiologia Clinica e dello Sport della stessa Università, relativo alla possibilità di insorgenza di sindrome da sospensione inerte in lavoratori e arrampicatori che utilizzano l’imbracatura.

[Tratto da: La sindrome da sospensione inerte ]

Comunicazione- Nuova Sede Operativa a Viterbo

Luglio 06, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

Via Igino Garbini n82, 01100 Viterbo VT, Italia

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Siamo lieti di comunicare che ci siamo spostati nella nuova sede operativa di Viterbo in Via Garbini, 82 !!!

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Per maggiori informazioni:

Cell. 349 – 080 32 44

Cell. 333 – 46 22 114

 Tel. 0761/092527      Fax. 0761/1710336

Mail: polissformazione@gmail.com

Mail: segreteria.polissformazione@gmail.com  

 

Decalogo Sicurezza nel frigorifero

Luglio 06, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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In occasione di Expo Milano 2015 e viste le alte temperature che stanno colpendo il nostro territorio il ministero della Salute ha realizzato un decalogo ad hoc che indica come utilizzare il frigorifero al fine di evitare un possibile deterioramento.images

 

1. Verifica la temperatura all’interno del tuo frigorifero: Mantieni la temperatura interna del frigorifero intorno ai 4-5 °C (sulla mensola centrale) per conservare nel modo migliore i tuoi cibi. Colloca il frigorifero lontano da fonti di calore. Aprilo solo al bisogno e richiudilo in tempi brevi. I modelli più recenti dispongono di un display che riporta la temperatura interna del frigorifero: se il tuo non è così equipaggiato, poni un normale termometro sui diversi ripiani e scomparti: in questo modo potrai verificarne l’efficienza e regolarne la potenza, abbassando la temperatura interna.

2. Ricorda che ogni zona del frigorifero mantiene temperature diverse: Il punto più freddo del frigorifero è la mensola più bassa, subito sopra il cassetto per le verdure (circa 2 °C), mentre la parte meno fredda è rappresentata dallo sportello. Tuttavia, poiché i frigoriferi di nuova generazione hanno differenti sistemi di refrigerazione, solo il libretto delle istruzioni può darti indicazioni precise e corrette sulla gestione degli spazi interni.

3. Non conservare gli alimenti oltre la loro data di scadenza: Per i prodotti da conservare in frigorifero si parla di “scadenza”: è la data entro la quale un alimento può essere venduto e deve essere consumato. La data deve riportare, nell’ordine, il giorno, il mese ed eventualmente l’anno. Entro tale data il produttore garantisce la salubrità e le caratteristiche organolettiche del prodotto. Sulla confezione devono essere inoltre riportate le condizioni di conservazione ed eventualmente la temperatura in funzione della quale è stato determinato il periodo di validità. Viene indicato con la dicitura “da consumarsi entro”: è importante verificare questa data al momento dell’acquisto e durante la conservazione domestica ed eliminare i prodotti scaduti dal frigorifero.

4. Ricorda che ogni alimento ha la sua “temperatura di conservazione” : Carne e pesce devono sostare nella parte più fredda (solitamente il comparto più in basso). Il pesce eviscerato e lavato, deve essere consumato entro 24 ore. La carne ha tempi di conservazione diversi a seconda del tipo di taglio e composizione: deve essere consumata entro 24 ore se macinata, entro 48 ore se di pollo o tacchino, entro 3 giorni nel caso di affettati non confezionati e carne fresca in genere. La parte centrale (di solito 4-5 °C) è adatta a uova, latticini, dolci a base di creme e panna e agli alimenti da conservare in frigorifero “dopo l’apertura”. Nella zona a temperatura maggiore (di solito il cassetto nella parte bassa) si conservano le verdure e la frutta che possono essere danneggiate da temperature troppo basse; vanno consumate rapidamente per evitarne il deterioramento. Le mensole all’interno della porta sono i punti più caldi del frigorifero e sono destinati ai prodotti che necessitano solo di una leggera refrigerazione (es. bibite, burro).

5. Il frigorifero non è indicato per qualsiasi alimento: Alcuni alimenti non hanno bisogno di essere refrigerati, anzi, potrebbero esserne danneggiati, come per esempio la frutta esotica, gli agrumi (il freddo può farli diventare amari), i pomodori, i fagiolini, i cetrioli e le zucchine; il pane diventa raffermo più velocemente con le basse temperature. Frutta e verdura che devono ancora maturare devono essere conservate a temperatura ambiente.

6. Non riporre mai in frigorifero alimenti caldi:Se cucini, lascia raffreddare completamente le pietanze prima di riporle in frigorifero: eviterai condense e bruschi innalzamenti di temperatura sul ripiano.

7. Fai attenzione alle cross-contaminazioni: Separa gli alimenti crudi da quelli cotti o pronti per essere consumati: questo ti permetterà di evitare che microrganismi, eventualmente presenti nei primi, vengano trasferiti ad alimenti che non subiranno più trattamenti termici prima del consumo.

8. Utilizza contenitori puliti e chiusi: È sempre buona norma conservare gli alimenti in contenitori puliti o nelle confezioni originali, perché queste riportano la scadenza e indicazioni utili per la conservazione. Anche i cibi preparati in casa devono essere conservati con cura in contenitori puliti e con coperchio. Prima di chiudere i contenitori è buona norma attendere il raffreddamento del contenuto per evitare che il vapore si condensi sul coperchio ricadendo sul cibo. Evita di riporre gli alimenti semplicemente su di un piatto: potresti vedere gocce di liquido cadere da un ripiano a quello sottostante.

9. Pulisci regolarmente l’interno del frigorifero: Puoi utilizzare prodotti specifici o semplicemente acqua e bicarbonato e/o aceto. Mantenere il frigorifero pulito e senza accumuli di ghiaccio sulle pareti ne assicura il perfetto funzionamento e il mantenimento della temperatura di refrigerazione. Il libretto di istruzioni del tuo elettrodomestico ti indicherà come effettuare una corretta manutenzione.

10. Non cedere alla tentazione di fare scorte troppo abbondanti: Evita di sovraccaricare il frigorifero con troppi alimenti: quando fai la spesa ricorda sempre quanto può contenere. L’aria fredda al suo interno deve poter circolare liberamente intorno ai cibi. Se non c’è sufficiente spazio tra i prodotti, l’aria non riuscirà a circolare e la corretta distribuzione della temperatura verrà ostacolata. Pratica sempre la FIFO (First In, First Out) “chi prima entra, prima esce”. Per facilitare questa buona pratica, abituati a riporre gli alimenti acquistati di recente sotto o dietro a quelli già presenti.

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opuscolo Ministero della Salute – (.pdf)

[ Tratto da: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_190_allegato.pdf ]