Come fare la valutazione del rischio incendio nei luoghi di lavoro
Il rischio di incendio nei luoghi di lavoro è legato non solo al tipo di attività svolto e ai materiali immagazzinati e manipolati, ma anche alle attrezzature presenti, agli arredi, alle caratteristiche costruttive e ai materiali di rivestimento utilizzati.
È sufficiente conoscere come avviene il processo di combustione per comprendere come quasi ogni luogo di lavoro presenti potenzialmente un pericolo di incendio. Nell’ambiente lavorativo è probabile che materiali, attrezzature e attività lavorative forniscano gli elementi necessari per la combustione (combustibile e innesco): aggiungendo il comburente presente nell’aria si formano le condizioni indispensabili perché si sviluppi un incendio. Ma per capire per ogni specifico luogo di lavoro (ad esempio un albergo, un ristorante, una fabbrica ecc.) “con quale probabilità quest’evento critico si possa verificare, quali danni possa cagionare, e come poterlo prevenire e fronteggiare, deve essere sviluppata la valutazione del rischio d’incendio”.
Ma come si fa la valutazione del rischio incendio?
Abbiamo già detto che tale valutazione permette di individuare il livello di esposizione al rischio incendio in ogni ambiente di lavoro. In particolare “il livello esprime la probabilità che questo evento accada e le possibili conseguenze dannose per le persone e i beni presenti. Stabilire il livello di esposizione al rischio di incendio, consente di individuare azioni e misure per ridurre cause di innesco e propagazione”. E la valutazione dei rischi “si sviluppa attraverso le diverse fasi con le quali viene identificata la migliore strategia antincendio da adottare nel luogo di lavoro esaminato”.
Per identificare i pericoli di incendio devono essere innanzitutto individuati “tutti i materiali combustibili e infiammabili presenti nel luogo di lavoro e nelle diverse parti di esso”. E i combustibili “possono essere classificati in solidi, liquidi e gassosi in base allo stato fisico in cui si trovano a temperatura e pressione ambiente”.
Facciamo qualche esempio:
– combustibili solidi: “sono molto usati e quindi largamente presenti nei più comuni luoghi di lavoro. Tra i combustibili solidi naturali il più importante, per il diffuso utilizzo anche dei suoi derivati, è il legno. La temperatura di accensione del legno è piuttosto contenuta, intorno ai 250°C, ciò rende il legno un materiale che, quando innescato, brucia facilmente propagando l’incendio. Un altro fattore che influisce sullo sviluppo dell’incendio è la parcellizzazione del combustibile (sia solido sia liquido) che, ridotto in piccole particelle migliora la miscelazione con l’aria (comburente), aumentando sulla velocità di combustione (ad esempio: un ceppo di legno brucia più lentamente dello stesso volume di legno ridotto in segatura). Nella valutazione dei rischi correlati ai combustibili solidi, si dovrà quindi tenere conto anche di questa caratteristica, rappresentata dalla pezzatura dei materiali, che influirà sulla determinazione del livello di rischio di incendio”;
– combustibili liquidi: sono artificiali e naturali. Tra questi ultimi “sono classificati i derivati del petrolio (benzine, alcol, olii ecc.), di gran lunga più utilizzati rispetto ai combustibili liquidi artificiali. La combustione, anche per questi materiali, si sviluppa solo se c’è presenza contemporanea di un combustibile, di un comburente e di un’energia di attivazione (temperatura di infiammabilità). Nei liquidi, il combustibile è formato dai vapori dei liquidi che devono miscelarsi con l’ossigeno dell’aria in concentrazioni comprese nel campo di infiammabilità. Quest’ultimo esprime il rapporto tra combustibile e comburente, nel quale la miscela, se innescata, brucia”. I parametri per valutare la pericolosità dei liquidi infiammabili sono “legati al campo e alla temperatura di infiammabilità. Valori bassi della temperatura di infiammabilità indicano una maggiore pericolosità del combustibile”;
– combustibili gassosi: “fra i combustibili gassosi naturali, i più diffusi sono gli idrocarburi gassosi: metano, etano, propano e butano (il primo è il comune gas stoccato in bombole da cucina o in serbatoi da esterni, composto da propano e butano che opportunamente miscelati formano il gpl). I gas combustibili sono generalmente molto puri, miscelati con l’aria (e quindi con l’ossigeno) bruciano senza dare origine a sostanze incombuste e a fumi”.
Dopo questo brevissimo approfondimento sui combustibili, torniamo alla valutazione dei rischi.
Ai fini della valutazione del rischio di incendio “dovranno essere individuati i materiali che possono facilitare il rapido sviluppo di un incendio come, ad esempio, grandi quantitativi di carta, materiali da imballaggio, materiali plastici, legnami, vernici e i solventi infiammabili, i gas infiammabili ecc. Parallelamente, dovranno essere analizzate le condizioni ambientali che caratterizzano il luogo di lavoro in esame in relazione ai pericoli di incendio presenti”.
Inoltre nei luoghi di lavoro “possono trovarsi anche sorgenti di innesco e fonti di calore che costituiscono cause potenziali di incendio e possono favorirne la propagazione”( in alcuni casi “possono essere di immediata identificazione”, in altri “possono essere conseguenza di difetti meccanici o elettrici”).
Con la valutazione dei rischi dovranno poi essere identificate “le sorgenti di calore che potrebbero causare l’innesco dei materiali combustibili (ad esempio l’uso fiamme libere, attriti, macchine e apparecchiature non installate o utilizzate secondo le norme di buona tecnica, o da processi lavorativi che comportano presenza di fiamme o scintille (taglio, affilatura, saldatura). Infine, nella valutazione dei rischi, dovranno essere indicati i lavoratori e le altre persone presenti in relazione al rischio di incendio riscontrato”.
Anche nelle situazioni in cui nessuno risulti particolarmente esposto, non devono essere dimenticate situazioni e casi specifici: ad esempio la presenza di persone “incapaci di reagire prontamente in caso di incendio perché non conoscono l’ambiente che frequentano occasionalmente (come il pubblico presente durante uno spettacolo), oppure perché impegnati in attività che riducono la percezione dell’evento (ad esempio orario di riposo nelle strutture ricettive) o, infine, per ridotte capacità percettive (bambini e disabili)”.
A conclusione delle analisi effettuate – continua il documento – “la valutazione qualitativa degli elementi osservati permetterà di classificare l’intero luogo di lavoro analizzato e ogni parte di esso, secondo un livello di rischio d’incendio raggiunto: basso, medio, elevato”.
Concludiamo questa breve presentazione della valutazione del rischio incendio ricordando laclassificazione a seconda dei livelli di rischio:
– luoghi di lavoro a rischio di incendio basso: “luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e di esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata;
– luoghi di lavoro a rischio di incendio medio: luoghi di lavoro o parte di essi, in cui sono presenti sostanze infiammabili e/o condizioni locali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata;
– luoghi di lavoro a rischio di incendio elevato: luoghi di lavoro o parte di essi, in cui: per presenza di sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luogo a rischio di incendio basso o medio”.
Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, in collaborazione con il Fondo Europeo per l’Integrazione dei Paesi Terzi, ” Sicurezza antincendio & datori di lavoro – Linee guida per la valutazione dei rischi“, edizione maggio 2014.